Arte e Cultura

La percezione, l’arte e il regno della fotografia

Articolo a cura del Dott. Vincenzo Papadia

 

La percezione è il processo psichico che opera la sintesi dei dati sensoriali ( vista, udito, tatto, olfatto, palato) in forme dotate di significato. Gli assunti dello studio della percezione variano a seconda delle teorie e dei momenti storici. Le principali discipline, che si sono occupate di percezione sono la psicologia, la medicina, la filosofia, la fisica, l’arte.

Neopone di mostrare che non ci sono altri sensi al di fuori dei cinque Però nella sua Fisica tratta della coscienza della percezione, ma bisognell’antica Grecia il filosofo Aristotele, scrivendo dell’Anima precisa che i sensi, per la loro perfezione, pur non dovendo sbagliare mai, a volte sbagliano anch’essi nella percezione e cadono in errore; sicché tra il percepito rispetto al pensato si frappone la fantasia, che a volte procura scherzi per il percipiente. Per lo Stagirita è semplicemente l’anima a percepire, e l’organo della percezione trasferisce la luce fino ad essa. Questa spiegazione è molto sintetica, e non chiarisce il processo che porta dall’oggetto fino all’anima. È possibile che sia l’anima il luogo dove si producono la percezione, la convergenza delle varie percezioni, la distinzione fra le varie percezioni e la coscienza della percezione, ma in altre opere quest’affermazione non viene fatta. Quanto alla coscienza della percezione, secondo la sua Fisica deve essere opera della percezione stessa. Nel De Somno et Vigilia egli ritiene che non è l’organo proprio a essere cosciente della percezione: «non è infatti per la vista che si vede il vedere», ipotizzando che la percezione stessa sia elemento presupposto. Tutto ciò anche se all’inizio del libro terzo del De Anima propone di mostrare che non ci sono altri sensi al di fuori dei cinque rebbe sapere come si produce questa coscienza. Aristotele, però, si sofferma troppo sul passaggio dalla percezione al pensiero, senza arrivare ad una formulazione precisa, che spieghi tout court la coscienza.

 

Si comprende come la teoria sillogistica del deduttivismo sia insufficiente a spiegare tutto sinché non si arrivi alla teoria induttivistica di F. Bacon nel XVI sec. (Novum Organum).

Egli è il teorico e sperimentatore del riprovare riprova con errori e risultati positivi sicché dal particolare e si può arrivare alla legge generale di un sistema. Il suo metodo scientifico vale non solo per le ricerche di laboratorio e per le scienze naturale e matematiche  e fisiche, ma egli afferma che deve essere adottato anche nelle scienze giuridiche da quì la logica giuridica della common law e del diritto dei casi specifici secondo le decisioni della giurisprudenza nel sistema anglo sassone. Il percepire per lui non era sufficiente, anche se intuitivo, ma occorreva sempre dimostrare.

 

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Francis Bacon ritratto (Londra XVII sec.)

Comunque sia i due filosofi aprono la strada ad altre esperienze, che trovano ad esempio, nell’impressionismo, tipico di una foto della realtà artisticamente interpretata, un approdo di una certa percezione fenomenica dell’en plain air e dei colori

della natura rielaborati secondo un gusto artistico, che ebbe tanto successo. Ciò a differenza dell’espressionismo che alterava volutamente la realtà paesaggistica e la colorava di fantastico.

 

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Colazione sull’erba (1863) Musée d’Orsay Paris (Edouard Manet)

Ma, al di la di tali esperienze artistiche pittoriche, l’elemento oggettivo delle dimensioni e la regolarità temporale spazio/tempo non sempre hanno soddisfatto tutti.

Sicché, le necessita del cambiamento mentale sono percepite, delle volte, anticipatamente dall’ arte ed in seguito dalla trasformazione dei paradigmi della scienza. La tridimensionalità dello spazio e l’ unicità del tempo appartengono ad un modello di percezione cartesiana del mondo nella quale si ritiene che le immagini siano una riproduzione fedele della realtà. In vero la percezione umana è storicizzata, in quanto si modifica come conseguenza della capacita creativa dell’ uomo di costruire modelli mentali innovativi di interpretazione della realtà. Infatti, si deve considerare “che ciò che percepiamo è” frutto di una interattività biunivoca tra “Noumeno e Fenomeno” come intuì Kant, riferendosi al fatto che il cervello diversamente da un sistema fotografico (istantaneo) elabora cognitivamente la rappresentazione del mondo, che percepiamo come proiezione significativa della realtà . La percezione tridimensionale dello spazio è stata determinata antropologicamente dalla necessita di sviluppare facoltà mentali di  riconoscimento della materia e del suo movimento. Tale prospettiva percettiva diventa insufficiente quando il problema epocale delle percezione immaginativa si focalizza sulla rappresentazione non direttamente percettibile della energia. Allora la concettualità del modello cartesiano entra in crisi.

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Ritratto e firma

In tale quadro retrospettivo storico si ritrova Pablo Picasso (1881-1973 ), che nel periodo pittorico detto “cubista” delle sua opera, si propose, infatti, di smontare il sistema percettivo spazio temporale su cui era stata  costruita la pittura accademica sulla base della definizione delle regole della rappresentazione prospettica. Prima di Picasso vari artisti cominciarono a svincolarsi dalle leggi della costruzione prospettica.

 

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Pablo Picasso

La pittura di Paul Gauguin (1848- 1903) ha una risoluzione bidimensionale, che già la rende antiprospettica, che fu il risultato di una sua sperimentazione di come la cultura del tempo fosse diversa nelle molte culture del mondo. Contemporaneamente Paul Cezanne (1839 – 1906) si impegnò più consciamente a variare la prospettiva , in modo che le parti che compongono i suoi quadri fossero percepite da angoli di percezione diversi . L’ idea di alterare l’ unicità del punto di vista, cioè il principio basilare della prospettiva, collimò in seguito con la acquisizione della relatività scientificamente pronunciata da Albert Einstein nel 1905 per cui il tempo dipendendo dallo stato e dal moto dell’ osservatore, non può più essere sincronizzato da un unico punto di vista. Picasso si spinse ancora più in là nel modificare la logica prospettiva della percezione, ciò in quanto non solo volle fornire una rappresentazione di una molteplicità di punti di vista spaziali, generati  come proiezioni bidimensionali degli oggetti , ma tese a dare contemporanea evidenza alla evocazione della forza espressiva di una realtà interiorizzata, la quale attiva direttamente energia emotiva . In tal modo il Picasso annullò del tutto ogni rapporto prospettico derivante da una concezione dello spazio-tempo cartesiano, rivoluzionando in tal modo il concetto stesso di quadro portandolo ad essere direttamente una «realtà interiorizzata » e non più la “rappresentazione prospettica della realtà esterna”. Picasso cosciente di esprimere comunque la realtà in una differente dimensione negò fermamente che la sua pittura fosse astratta e, perciò, disse ad un intervistatore “nothing is abstract art, it all has to come from some where”.

La questione del tempo e della percezione pone, quindi, la problematicità dell’ immagine prospettica che è limitata dal fatto che può rappresentare solo un istante della percezione. Cosi come nell’ immagine fotografica il tempo viene fissato indefinitivamente; ciò poiché è solo un peculiare momento quello che viene ed essere fissato dall’ obiettivo ovvero dalla prospettiva di una immagine prospettica fissata sulla tela. Pertanto, la prospettiva coglie un solo punto di vista come una foto coglie solo un momento quale immagine del fotogramma. Per dare una nuova visione non più prospettica, l’ espressionismo cosi come il cubismo pittorico, propongono di esprimere artisticamente sensazioni ed osservazioni percepite da più punti di vista.

Salvador Dalì (1904-1989), infine, introduce nella rappresentazione pittorica un nuovo elemento: la “bi-imensionalita del tempo”. Il tempo, infatti, assume la dimensione duale propria di una effettiva durata, come conseguenza del fatto che per presentare la percezione da più punti di vista l’ osservazione non si può limitare allo sguardo di un solo istante , ma il pittore si trova ad esprimere il rapporto temporale della persistenza dell’ immagine effettivamente percepito durante la ricostruzione emotiva e razionale della rappresentazione pittorica.

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Salvador Dalí nel 1939, fotografato da Carl Van Vechten.

Pertanto, “Noumeno e Fenomeno” Kantiano si intersecano, generando, nel “GUERNICA” di Picasso , proiezioni bidimensionali indicative di una rivelazione della dualità della effettiva durata del tempo e dello spazio prodotta dalla integrazione percettiva ed emotiva della espressione pittorica della realtà. “La bi-dimensinalita” del tempo assume una particolare e nuova rilevanza nel surrealismo futurista espresso da Salvador Dalì . Egli cambia radicalmente  il modo di concepire la “dimensione del tempo”. Le ore degli orologi molli sono diverse perché il tempo si dissolve e stemperandosi , non risponde più concettualmente ad una successione lineare di falsi istanti, proprio in quanto tale rappresentazione non appartiene piu’ ad una visione univoca ed inalterabile dello spazio tempo. Dalì eredita dal cubismo il desiderio di percepire una dimensione quadridimensionale dello spazio tempo per sbarazzarsi definitivamente dell’ eredità della tradizione e saltare al di là dell’ingessante finzione tridimensionale della prospettiva rinascimentale.

Ma la teoria della percezione, come quella dell’estetica, del bello, dell’arte, della foto, ecc. non cessa di interessare i ricercatori, perché è un fenomeno intrinseco all’umanità stessa ed al suo essere o apparire o dover essere.

Molti sono i filosofi che si sono dedicati a trovare un senso ed una spiegazione alla fenomenologia della percezione, non ultimo J. P. Sastre, così come nel tempo ci si è andati perfezionando con le conoscenze tecnico scientifiche, anche per la conoscenza dei raggi infrarossi e raggi gamma, ultravioletti, laser, ecc. e per il fenomeno e dell’elettromagnetismo.

Peraltro, vi è anche la teoria della Gestalt (forma, corpo, configurazione), che porta la trattazione del tema mediante un approccio fenomenologico alla percezione e che canonizza una serie di leggi percettive indipendenti dall’esperienza esterna (quindi non legate a fenomeni di apprendimento) e presenti sin dalla nascita. Queste leggi analizzano l’organizzazione figurale prendendo in considerazione la separazione della figura dallo sfondo (attraverso il colore, la densità, la trama, il contorno). Max Wertheimer, il padre della psicologia della Gestalt, ipotizzò le seguenti leggi:

 

  • La legge della sovrapposizione: le forme sopra sono figure. Perché si verifichi una sovrapposizione è allora necessario che ci siano indizi di profondità. 
  • La legge dell’area occupata. La zona distinta che occupa un’estensione minore tende ad essere colta come figura, mentre quella più estesa come sfondo. Risulta importante anche orientamento dell’area occupata. Questo meccanismo di identificazione degli oggetti sullo sfondo funziona anche se la chiusura è incompleta
  • Legge dell’organizzazione percettiva sulla base del destino comune. Tale meccanismo di vicinanza risulta saliente non solo a livello di modificazioni dello spazio, ma anche del tempo.

 

 

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Max Wertheimer a New York 1939

Altri studi, sempre afferenti alla psicologia gestaltista, si sono occupati di postulare le leggi generali volte a sintetizzare più elementi in un’unica percezione globale:

 

  • La legge della Gestalt, che sintetizza l’intera logica della percezione, è quella della semplicità o della “buona forma”: i dati vengono infatti organizzati nella maniera più semplice e più coerente possibile, rispetto alle esperienze pregresse. 
  • La legge del raggruppamento per somiglianza: in elementi disposti disordinatamente, quelli che si somigliano tendono ad essere percepiti come forma, staccati dallo sfondo e divenire una figura. La percezione della figura risulta tanto più forte quanto più forte è la somiglianza.
  • Legge della buona continuazione (o continuità della direzione): si impone come unità percettiva quella che offre il minor numero di irregolarità od interruzioni, a parità delle altre proprietà.

 

Altri studi si sono invece occupati di determinare gli elementi figurali utilizzati per la percezione della terza dimensione. Essa risulta, infatti, legata alla percezione del movimento. I principali indicatori identificati sono:

 

  • la grandezza relativa (l’oggetto più grande è il più vicino), 
  • la luminosità,
  • la prospettiva aerea e quella lineare.

 

Le leggi della percezione sono dette autoctone perché ritenute innate e non frutto dell’apprendimento, anche se si è visto che esiste una progressione evolutiva nella elaborazione delle percezioni. Fin dai primi mesi il neonato è in grado di riconoscere i colori e le forme (in particolare la figura umana), ma solo più tardi acquisterà la “costanza percettiva“, ossia la capacità di collegare una forma o figura già conosciuta, con una diversa in cui riconosce caratteristiche di somiglianza (ad es. una statua viene associata ad una persona).

Oggi si parla anche di percezione ecologica. Chiamato anche “”, secondo tale teoria la percezione non è niente di più che l’immediata ricezione dell’informazione. Questo approccio apparve in forma “embrionicanel libro di Gibson ”La percezione del mondo visuale“.

Tutto quanto precede non spiega però né il senso innato dell’arte, né il gusto estetico individuale, né la professionalità per fotografare qualcuno o qualcosa che resta come momento immortale indelebile e che è classificato arte pura ancorché oggetto di strumentazione.

In vero, i maestri della fotografia: Adams, Nachtwey, Newman, Haas, ciascuno nel proprio campo si sono distinti e sono passati alla storia.

Ricordarne alcuni è un dovere: 

Philip – Lorca di Corcia.

La sua fotografia combina la tradizione documentaristica alla finzione del cinema e della pubblicità, creando immagini che oscillano tra la realtà, la fantasia e il desiderio.

 

Henri Cartier-Bresson.

Per molti egli è stato il più grande. Per tutti rimane il creatore di uno stile asciutto ed epico, capace di cogliere con sintesi ed armonia gli elementi essenziali del momento. Definito “l’occhio del secolo” e “l’obiettivo ben temperato”, lo sguardo di Bresson ha cambiato la maniera di osservare la realtà e di pensare la fotografia.

Martin Parr

Con le sue foto di medio formato, caratterizzate dell’uso molto contrastato e luminoso del colore, Parr ha raccontato la storia del gusto (vestiti, interni, accessori,ecc) e dei comportamenti della classe media inglese.

Harold Eugene “Doc” Edgerton

Egli ha rivoluzionato la fotografia, fermando il tempo e rivelando l’emozione sconvolgente di immobilizzare il movimento, cogliendone l’elemento sfuggente e invisibile.

Izis Bidermanas

Izis Bidermanas, detto Izis, è considerato uno dei più grandi fotografi del XX secolo. Facente parte di quella corrente del Secondo Dopoguerra definita “fotografia umanistica”, ha sviluppato quella visione dello scatto che partendo da un dato realistico, filtrato attraverso la propria esperienza personale, rende l’immagine non solo una versione documentaristica della realtà, come accade nei reportage, ma un insieme di perfezione formale, contenuto, tempo, azione ed emozione.

Robert Mapplethorpe: ovvero la perfezione della forma

Il corpo umano costituisce il principale oggetto della fotografia di Mapplethorpe. Attraverso un’opera carica di tensione sensuale, vitale e violenta, il fotografo americano scandalizza ma al tempo stesso affascina mediante la rappresentazione di un ideale di bellezza dal sapore classico e un bianco e nero morbido e raffinato.

Edward Weston

 

Edward Weston (Highland Park, Illinois, 24 marzo 1886 – Wildcat Hill, California, 1º gennaio 1958) è un’icona della fotografia americana del XX secolo. Le sue serie di nudi, paesaggi e still life in close-up hanno contribuito a definire la fotografia modernista, caratterizzata da eleganza formale, semplicità e astrazione

Isabel Muñoz 

Ciò che rende Isabel Muñoz un’artista di rilievo, al di là della sua impeccabile capacità di immobilizzare movimenti fugaci, è lo studio e l’elaborazione di particolari effetti e la ricerca continua di nuovi movimenti, ombre e sensualità. L’opera della fotografa si caratterizza per la ricerca ed esplorazione del corpo umano: il corpo in relazione alla danza, il corpo come oggetto del desiderio e come espressione di sensualità, il corpo come oggetto.

Si potrebbe continuare all’infinito, con l’elencazione di maestri prestigiosi, ma ci si ferma richiamando un altro grande fotografo artista e genio: Ansel Adams, per citare il suo insegnamento che rappresenta il viatico per chi voglia esprimersi al meglio con la fotografia secondo la sua capacità percettiva.

Pubblichiamo un solo esempio per tutti. Che cosa percepisce l’osservatore rispetto al percepito dell’artista?

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Sulla stessa Fotografia

 

  • La Fotografia è più di un mezzo di comunicazione delle idee. Si tratta di un’arte creativa. 
  • La Fotografia è un potente mezzo di espressione e di comunicazione, offre una varietà infinita di percezioni, interpretazioni ed esecuzioni.
  • Il negativo è paragonabile alla partitura del compositore e la stampa alla sua esecuzione. Ogni esecuzione è diversa in modo sottile.

 

Sullo scattare fotografie

 

  • Non devi scattare una fotografia, tu devi crearla. 
  • Ci sono sempre due persone in qualsiasi fotografia: il fotografo e chi guarda la foto.
  • Non c’è niente di peggio che una immagine nitida di un concetto confuso.
  • Per fotografare veramente ed efficacemente bisogna guardare sotto la superficie e registrare le qualità della natura e l’umanità che si manifestano o sono nascoste in tutte le cose.
  • Tu non fai una fotografia solo con la macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai ascoltato, e le persone che hai amato.

 

Sull’importanza delle buone foto

 

  • Quando le parole saranno poco chiare, io potrò far chiarezza con le foto. Quando le immagini saranno inadeguate, io potrò solo stare in silenzio.
  • Una vera fotografia non ha bisogno di essere spiegata, può essere descritta dalle parole.
  • Non ci sono regole per fare buone fotografie, ci sono solo buone fotografie.
  • Una grande fotografia è quella che esprime pienamente ciò che si percepisce, nel senso più profondo, su ciò che viene fotografato. Sulla fotografia di Paesaggio/Naturalistica
  • Certe volte arrivo su un posto, giusto quando, Dio è pronto per qualcuno che scatti.
  • La fotografia di paesaggio è la prova suprema del fotografo – e spesso la sua delusione suprema.
  • Non importa quanto complicato tu possa essere, non lo si può negare che una grande montagna di granito parla in silenzio al cuore del tuo essere.
  • Il mondo intero è per me molto “vivo” – tutte le piccole cose che crescono, perfino le rocce. Non riesco a guardare crescere un po d’erba e di terra , per esempio, senza percepire la vita essenziale, le cose che si muovono con loro. Lo stesso vale per una montagna, o un tratto di mare, o un magnifico pezzo di legno vecchio.
  • Sia gli aspetti evidenti che intimi della natura possono essere rivelati in una fotografia espressiva. Entrambi possono mescolarsi in cose note e nuove scoperte, e possono sicuramente aiutare lo spettatore nella sua ricerca per rapportarsi con il vasto mondo di bellezze naturali e meraviglie che lo circondano. ImmagineAnsel Adams al lavoro

    Insomma, chi ama il bello ed ha una particolare sensibilità percettiva può sfidare il mondo con la sua arte, senza timore del confronto e delle critiche. La fotografia, per chi ama l’obiettivo e gli scatti può far realizzare grandi sogni, che diventano realtà.

    Ognuno ha il suo modo di percepire il mondo: le cose, gli animali e le persone che gli stanno intorno: ai suoi 5 sensi sia aggiunge il sesto che è quello della macchina fotografica.

    Dott. Vincenzo Papadia

     

 

 

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